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Non solo sport: analisi sul fenomeno randagismo

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Non soltanto sport: come salvare la vita degli animali randagi e maltrattati? Ogni vita è preziosa, a maggior ragione quella degli ultimi tra gli ultimi. Ce lo ricordano i circa 700mila cani vaganti e 2,4 milioni di gatti “liberi” nel nostro Paese. Una schiera di innocenti che vivono per strada abbandonati a se stessi, esposti alla fame, al freddo, agli abusi. Ce lo ricordano le decine di migliaia di animali chiusi nei box dei canili e dei gattili, che vogliamo svuotare. Il maltrattamento, dopo l’uccisione, è il reato più diffuso tra quelli a danno degli animali. Ce lo ricordano gli animali selvatici di cui l’uomo ha invaso gli habitat e che ci sono sempre più vicini. Noi della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente li salviamo, li curiamo, troviamo loro una casa o li riportiamo nel bosco.

Oltre a occuparci degli animali in pericolo, oltre a favorire le adozioni, aiutiamo direttamente anche gli anziani e le persone economicamente più deboli. Persone che non vogliono rinunciare all’affetto di un amico a quattro zampe, nonostante le difficoltà della lunga crisi iniziata con la pandemia. Da domenica 12 novembre a sabato 2 dicembre 2023 puoi contribuire anche tu a salvarli e proteggerli. Dona 2 euro con un sms al numero 45589 o 5/10 euro chiamando da rete fissa.

Fai la tua parte, aiutali. Il video dell’sms solidale è scaricabile al link https://drive.google.com/file/d/1ms78MK-H_oyAqlJCUJU8luT2q9MwZt5F/view?usp=sharing e visibile al link https://www.youtube.com/watch?v=6czKLn2_gfI

RANDAGISMO 2022, UNO SGUARDO D’INSIEME

Il randagismo è un fenomeno ancora molto diffuso nel nostro Paese, anche se non ne sono note le dimensioni esatte. Ciò forse per la mancanza di dati completi e di numeri aggiornati. Neanche l’anagrafe degli animali d’affezione, prevista già dalla legge del 1991 e tenuta dalle Regioni, finora sembra aver funzionato correttamente. Il tutto visto che  molti cani non vi sono iscritti o molti non sono cancellati al momento del decesso. Non solo. I sistemi informativi regionali non dialogano completamente tra loro e con la nuova banca dati nazionale di cui, nel luglio scorso, il ministero della Salute ha annunciato l’avvio.

Quindi può ancora risultare difficile, o anche impossibile, l’interscambio in tempo reale delle informazioni relative agli animali iscritti. Per rintracciarli tempestivamente in caso di smarrimento e abbandono, agevolare la circolazione di informazioni anagrafiche e sanitarie sugli animali e programmare interventi di contrasto. La carenza di elementi oggettivi di conoscenza non è casuale.

Nonostante sia in vigore da decenni una buona legge, la 281/1991, che specifica che cosa devono fare le Regioni. Ma anche che cosa devono fare i Comuni, che cosa le Asl (es. le sterilizzazioni). E’ frequente, da parte delle amministrazioni locali, il mancato adempimento di questi obblighi. Ha effetti visibili la mancanza di finanziamenti adeguati (nonostante i miglioramenti degli ultimi anni) e di seri controlli. Essi assistiti da proporzionate sanzioni, sull’implementazione della 281 da parte degli enti locali.

Tutto ciò impedisce di elaborare politiche efficaci per contrastare un fenomeno che causa gravi sofferenze agli animali e costa moltissimo alla collettività. Difficile affrontare un problema senza sapere in dettaglio quali proporzioni ha, quale distribuzione sul territorio nazionale, dove sono le vere criticità. E senza essere certi che, in media, ciascuno faccia il suo dovere.

I numeri sotto riportati, in gran parte frutto di stime, servono a dare un’idea della piaga, alimentata dagli abbandoni e dalla riproduzione incontrollata. La sensazione è quella di un Paese spaccato in due. Un Nord (Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Valle d’Aosta e Province Aut. Trento e di Bolzano, più la Toscana) in cui il randagismo canino è sostanzialmente contenuto. E un Centro-Sud dove i randagi sono molti, in alcune aree moltissimi, e la situazione appare spesso fuori controllo.

Laddove la tensione è più alta si verificano, con preoccupante cadenza, anche i più clamorosi atti di crudeltà e intolleranza nei confronti degli animali. Preoccupante anche la condizione delle colonie feline, a volte riconosciute dalle autorità (come vorrebbe la legge), a volte tollerate, a volte ignorate. Il Sud praticamente non ha gattili. Altissimo è il costo sociale del randagismo, perché le ricadute negative sono molte: salute, sicurezza, gestione del territorio, immagine turistica. Lo paghiamo per gli abbandoni, la mancata applicazione delle leggi vigenti (sterilizzazione) e l’inesistenza di una vera politica per incentivare le adozioni.

La Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente (LEIDAA), da sempre in prima linea nella lotta contro il randagismo, interviene principalmente in tre modi:
1) finanziando campagne di sterilizzazione, tramite protocolli d’intesa con i veterinari, nelle zone dove l’emergenza randagismo è più grave
2) sovvenzionando le associazioni locali o i piccoli gruppi di volontari attivi sul territorio
3) promuovendo a tutti i livelli il possesso responsabile e le adozioni dai canili anche con stallaggi al nord.

Infine vi sono le campagne nazionali, per la sensibilizzazione al possesso responsabile e l’incentivazione delle adozioni. Le adozioni consapevoli sono lo strumento principe per favorire le uscite dai canili e ridurre i rientri. Più un cane rimane all’interno di un canile, più avrà difficoltà ad abituarsi alla vita fuori dal rifugio. Quindi, se le condizioni generali lo consentono, dovrebbe rimanerci il meno possibile.

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